Se suonano alla porta, datti per morto

Tedjo Edizioni Inutili
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Autore Sconosciuto (e per quanto ti riguarda, è meglio così)

Capitolo 2
Il Modulo Z-37B

Il mattino seguente, o almeno Ed presumeva che fosse mattino, dato che il cielo sopra Schizoville non cambiava mai colore, trovò un foglio infilato sotto la porta della stanza d’albergo in cui si era rifugiato la notte prima. L’albergo si chiamava “Le Sfumature del Nulla”, e la sua unica peculiarità era che ogni porta aveva una serratura diversa. Ed si era chiesto a cosa servisse tutto quell’impegno per la sicurezza, ma aveva imparato rapidamente a non fare troppe domande. Non in Schizoville.
Il foglio era grigio, quasi trasparente, come una fotocopia scadente di qualcosa di importante. In cima, stampato in un carattere sottilissimo, c’era scritto:

Modulo Z-37B — Richiesta di Eliminazione Volontaria dal Sistema

Seguiva una lunga serie di istruzioni illeggibili, che sembravano scritte in un linguaggio burocratico alieno. Non c’erano spazi per le domande, solo per le risposte.
Ed osservò il modulo per qualche minuto, lasciando che il suo cervello tentasse di decifrare le istruzioni. Alla fine, si limitò a tirare fuori la penna che portava sempre con sé e iniziò a compilare senza pensare troppo, come se fosse un banale compito amministrativo, un documento inutile che non avrebbe mai raggiunto nessuno.
Ma qualcosa era cambiato. Ogni volta che il pennino tracciava una lettera, sentiva una leggera scossa, come se il foglio vibrasse sotto il peso di ogni parola. Era come se ogni segno avesse un peso specifico, come se ogni linea, ogni firma, lo trascinasse più in profondità in un buco nero burocratico. Quando completò l’ultima riga e firmò con uno scarabocchio indecifrabile, il foglio sembrò dissolversi tra le sue mani, scomparendo nel nulla come fumo.
Ed non avrebbe saputo dire perché lo fece, ma qualcosa dentro di lui gli disse che quel modulo non era uno di quei semplici contratti che puoi firmare a occhi chiusi. Il Modulo Z-37B non era un documento che potevi ignorare. Firmarlo significava qualcosa di più.
Fu allora che la stanza tremò leggermente, e dalla finestra apparve la figura dell’uomo con il cappello e gli occhiali da sole, lo stesso che aveva incontrato il giorno prima alla fermata dell’autobus. Si appoggiava a un lampione come se stesse aspettando qualcosa, o qualcuno. Il suo volto, per quanto invisibile dietro gli occhiali, sembrava curioso. O forse compiaciuto.Ed si alzò e uscì dalla stanza, la porta cigolò alle sue spalle come un segno funesto. Trovò l’uomo al suo solito posto, con quell’aria da spettatore che non si aspetta nulla ma osserva comunque con interesse.
«Hai firmato,» disse l’uomo, senza che Ed avesse bisogno di confermare.
«Sì, credo di sì,» rispose Ed, con la stessa incertezza di chi si è appena svegliato da un sogno troppo reale.
L’uomo sorrise, o almeno così sembrò. «Hai fatto il primo passo, Malone. Ora non ti resta che aspettare.»
«Aspettare cosa?» chiese Ed, la testa piena di domande che gli sembravano improvvisamente molto meno urgenti di quanto avrebbe voluto.
L’uomo si tolse il cappello, rivelando una testa completamente calva e perfettamente lucida. Non c’era alcuna risposta in quel gesto, solo una sorta di chiusura simbolica. Poi, si voltò e scomparve nel vicolo come se non fosse mai esistito.
Di ritorno nella sua stanza, Ed si rese conto che non era più solo. Sulla scrivania apparve improvvisamente una pila di moduli identici al Z-37B. Ce n’erano dozzine, forse centinaia. E su ognuno di essi, c’era il suo nome.
Non poteva far altro che continuare a firmare.

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