L’IMPROVVISATORE RADICALE

Tedjo Edizioni Inutili
2 min readJun 24, 2024

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L’improvvisatore radicale si presenta al concerto con un ritardo di una decina di minuti, giustificato dal fatto che era al telefono con un amico di infanzia che gestisce un asilo in Burkina Faso, con il quale collabora da anni per la costruzione di un bar vegano a Ouagadougou, la capitale del paese. Per motivi intuibili fa sempre molta fatica a pronunciare correttamente il nome della città e i fondi raccolti, 56 euro, sono stati destinati a una pizza marinara e una birra piccola a Imola. Salito sul palco il nostro improvvisatore inizia a salmodiare, emettendo quello che all’inizio è poco più di un sospiro per diventare, pochi minuti dopo, un canto struggente, di origine babilonese, dice lui, ma i babilonesi non ci sono più, dice a bassa voce al marito una signora in prima fila, non si può mai sapere, le risponde il marito seduto accanto a lei, che stava guardando un video con audio silenziato di una influencer ventenne che tagliava una torta di mele in otto fette, perfettamente identiche, con un filo da pesca al tonno. Dopo avere smesso di salmodiare con il capo rivolto al cielo il Nostro inizia a montare il suo strumento, il suo spettacolo vive di una trasparenza assoluta, tutto quello che fa deve essere condiviso con il suo pubblico, e quindi comincia a preparare per il concerto i 7 sassofoni e i 23 strumenti etnici che ha con sé. Uno dei tre shakuachi, i flauti giapponesi che ha comprato a Como, finisce in testa al marito della signora, che era passato a un altro video di una nuova influencer, questa volta sessantenne, che spiegava come ammorbidire con del latte di soia la sua famosa torta di mele senza mele. Il marito si scuote dal torpore che gli aveva procurato la torta di mele, lo afferra al volo, riesce a non farlo cadere e chiede al musicista, che scopriamo chiamarsi Otmaer De Bellis “scusi è suo questo ? le è caduto dal palco?” Otmaer lo fissa con intensità non priva di un certo disgusto, strizza gli occhi e gli chiede “Sei ancora fermo alle vecchie categorie ottocentesche del tuo e del mio? Sei ancorato al discutibile concetto di proprietà privata, di possesso personale, di delimitazione del limite di esistenza delle cose con la superfetazione concettuale del loro appartenere a qualcuno o a qualcosa? Caro amico, ti invito a liberarti di tutto questo ciarpame concettuale, e ad abbracciare prima un albero e poi la via del settimo chakra, cioè del respiro primario”
Il marito della signora, che intanto aveva incominciato a lavorare a maglia, non si recava mai a un concerto senza avere con sé del lavoro da fare a maglia, disse “Ah”, e preso il flauto lo frantumò sulla testa del musicista, aprendogli l’ottavo chakra, che era rimasto colpevolmente chiuso.

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