Daniele Fazzy e il teorema di Fermat

Tedjo Edizioni Inutili
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Daniele Fazzy era un matematico brillante, un professore universitario noto per il suo rigore accademico e le sue eccentricità, e per il fatto che era uno dei pochi esseri umani a non avere bisogno di pettinarsi, dato che i suoi folti capelli neri, lisci come quelli di una giovane geisha, stavano al loro posto da soli, senza alcun bisogno di un intervento esterno. Tra le sue opinabili bizzarrie la passione per il nuoto era la più evidente. Ogni giorno, cascasse il mondo, si recava alla piscina comunale per fare 60 vasche esatte. Era il suo rituale, il momento in cui poteva liberare la mente dalle lezioni, dagli articoli da pubblicare e dalle riunioni accademiche. L’acqua, per lui, era il mezzo ideale per riflettere e rielaborare concetti astratti, come se il movimento delle braccia e delle gambe aiutasse le sue sinapsi a trovare percorsi inediti.

Quel giorno di ottobre, Daniele si immerse in piscina con l’aria stanca di chi ha passato la notte a leggere dimostrazioni di teoremi incompleti. L’aria era fresca e l’acqua calma, come una lavagna pulita. Senza perdere tempo, iniziò le sue consuete vasche, seguendo un ritmo che ormai gli era familiare. Bracciata dopo bracciata, l’acqua scivolava via come i pensieri nella sua testa.

A metà della sedicesima vasca, qualcosa cominciò a muoversi nei recessi della sua mente. Un dettaglio, un’idea, forse la soluzione che cercava da settimane. Il teorema di Fermat, il problema che da sempre lo ossessionava, apparve nella sua mente come una rivelazione improvvisa. Una intuizione così brillante che quasi fermò il suo respiro. Nelle sue riflessioni confuse, Daniele si rese conto di aver trovato un nuovo approccio al problema che nessuno aveva mai esplorato: una combinazione geniale di geometria algebrica e teoria dei numeri che, nella sua mente, sembrava incastrarsi perfettamente.

Le sue bracciate divennero più lente mentre la mente si concentrava febbrilmente sull’idea. I numeri, le formule, i passaggi logici danzavano nella sua testa, tutti al loro posto. Daniele era sull’orlo di una scoperta rivoluzionaria, qualcosa che avrebbe cambiato la matematica per sempre.

Soprapensiero, dimenticò completamente dove si trovava. Il suo corpo continuava a muoversi in automatico, ma la sua mente era ormai altrove, immersa in un universo di simboli e intuizioni. Non si accorse che stava finendo la vasca. E poi, all’improvviso, uno schianto sordo: la sua testa andò violentemente a sbattere contro la parete della piscina.

L’impatto fu così forte che l’oscurità lo inghiottì in un attimo. L’acqua lo circondò, avvolgendo il suo corpo immobile mentre scivolava verso il fondo della vasca.

Quando riaprì gli occhi, si trovò sdraiato sul bordo della piscina, circondato da bagnini preoccupati e compagni di vasca. La luce accecante della struttura sportiva si rifletteva sull’acqua, e il suono dell’acqua che scrosciava gli riempiva le orecchie. Sentiva il proprio cuore battere forte, ma nella testa c’era solo vuoto. Il pensiero folgorante che aveva avuto poco prima era svanito come una bolla che esplode nel silenzio. Non ricordava nulla.

Una voce si fece largo tra la nebbia. “Professore? Sta bene? Sa dove si trova?”

Daniele li guardò, ma nella sua mente non c’era nulla di chiaro. Si sentiva strano, confuso, come se una parte di sé fosse stata sostituita. Cercò di rispondere, ma le parole uscirono stranamente distorte.

“Igor. Mi chiamo Igor”, disse, senza esitazione.

I bagnini si scambiarono sguardi perplessi. “Igor?” ripeté uno di loro. “Ma… lei è Daniele Fazzi, il professore universitario. Si ricorda?”

Daniele scosse la testa, ancora stordito. “No… mi chiamo Igor.”

Nei minuti successivi, cercarono di riportarlo alla realtà, ma la convinzione del professor Fazzi sembrava incrollabile. Era Igor, non Daniele. Chiunque fosse stato questo Daniele, ora per lui non esisteva più. Aveva l’impressione di vivere in un corpo che non era il suo, in una realtà che non gli apparteneva.

Portato all’ospedale per accertamenti, i medici conclusero che Daniele aveva subito una lieve commozione cerebrale. Niente di grave, assicuravano, ma la sua temporanea amnesia e il suo nuovo nome improvvisato restavano un mistero per tutti. Nessuno capiva come fosse possibile che un uomo che insegnava matematica avanzata si fosse improvvisamente convinto di essere qualcun altro.

Nei giorni successivi, il “nuovo” Igor non sembrava più in grado di risolvere complessi teoremi matematici, e ogni volta che gli parlavano di Fermat, alzava le spalle e rideva come se fosse uno scherzo. Però, stranamente, mostrava una straordinaria abilità nel suonare la fisarmonica, uno strumento che, fino a quel momento, Daniele non aveva mai toccato.

La matematica si era allontanata dalla sua vita, insieme alla sua identità di Daniele Fazzi. Ma nella sua nuova esistenza come Igor, il mistero del teorema di Fermat era svanito, lasciando spazio a una melodia diversa: quella del caos e della casualità della vita.

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